di Andrea Romano Nel momento più difficile per la storia europea dell'ultimo decennio, la Gran Bretagna ha scelto di non scegliere. E se gli exit poll della notte saranno confermati, con nessun partito capace di superare il traguardo dei 326 seggi in grado di garantire la maggioranza, da oggi Londra avrà un governo privo della forza necessaria ad affrontare i tempi difficili che attendono il paese.
Al termine di una delle campagne elettorali più incerte gli scenari possibili sono essenzialmente due, ed entrambi privi di ragioni per guardare con ottimismo all'immediato futuro. Il primo e più probabile è un governo di coalizione tra Laburisti e Liberaldemocratici, tenuto insieme dall'ostilità ai Conservatori e dalla promessa laburista di ritoccare la legge elettorale in senso proporzionale secondo la rivendicazione del partito di Nick Clegg. È altamente improbabile che a capo di un esecutivo di questo tipo rimanga Gordon Brown, che appare ormai destinato ad essere sostituito da David Miliband o da qualche altro laburista meno logoro. Con il risultato di privare un governo già debole della personalità più capace di gestire misure dure e impopolari, che attendono un paese alle prese con la crisi peggiore dagli anni Settanta.

La presenza di Nick Clegg nell'esecutivo rappresenterebbe un ulteriore ostacolo sulla strada di un'efficace azione di governo. Perché il ruolo ormai indispensabile del partito liberaldemocratico, che ha comunque ottenuto un risultato ben al di sotto delle aspettive suggerite dalla sua abilità telegenica, nasce dal crollo verticale della fiducia nella politica che ha scosso la nazione britannica nell'ultimo biennio. Crisi finanziaria ed esplosione dell'antipolitica si sono intrecciate in forme a noi familiari ma sconosciute per la Gran Bretagna, con il risultato di favorire il partito che più di altri poteva vantare una patente di verginità per essere rimasto a lungo lontano dal governo. Ma se verginità politica e capacità di governo difficilmente coincidono, è vero che le proposte dei Liberaldemocratici ricordano da vicino le idee che possono essere scritte sul retro di un tovagliolo alla fine di un'allegra cena tra amici (come ha detto Gordon Brown). Il secondo scenario potrebbe vedere un governo di minoranza a guida conservatrice, secondo l'esperienza storica del febbraio 1974 quando l'ultimo caso di hung parliament si tradusse nel breve governo laburista che portò di nuovo il paese alle urne in autunno. Anche in questo caso il compito di Cameron dovrebbe esaurirsi nella guida di un governo balneare, con il doppio effetto negativo di dilapidare il potenziale di novità del giovane leader conservatore e di congelare la capacità di reazione britannica dinanzi alla crisi europea. In entrambi i casi, un esito poco incoraggiante per una nazione che nei prossimi mesi avrà bisogno di una guida politica lucida e determinata.

 

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